Quantcast
Channel: Apogeonline » Il Male
Viewing all articles
Browse latest Browse all 3

Vincino: «Il giornale di satira, luogo di libertà»

$
0
0

Vincino è uno di quegli autori satirici di lungo corso che non ha bisogno di presentazioni. Nel 1978, assieme a un manipolo di autori all’epoca più o meno conosciuti, fondò e per alcuni anni diresse una delle riviste storiche della satira italiana, Il Male. Palermitano, classe 1946, Vincino è oggi una delle firme più lunari della satira disegnata. Collabora con il Corriere della Sera ed è il vignettista del Foglio, il quotidiano d’opinione diretto da Giuliano Ferrara. I suoi disegni sono sberleffi surreali che raccontano una situazione ben al di là delle battute, dei botta e risposta di più facile presa. È stato anche fra i primi a sdoganare, a imporre un disegno rapido, fluido, perfetto per deformare i personaggi, lontano dai canoni estetici “ripuliti” o precisi. Uno stile acido.

Proprio per il Foglio, la scorsa estate diede vita a La Caverna, un concorso online per autori satirici. Già è sorprendente – secondo il luogo comune che vuole la satira schierata a sinistra – che un quotidiano di area centrodestra ospiti satira. Ancora più curioso è, che fra tutte le iniziative online che si sono susseguite nell’ultimo anno, ci sia anche il concorso per giovani autori. Con Vincino concludiamo questo nostro ciclo di riflessioni sulla satira tra carta e online, chiedendogli innanzitutto perché, in Italia, ci sono molte iniziative online ma manca la “rivista” di satira. E se questa sia una mancanza “seria” oppure no, nel panorama editoriale italiano.

Vincino, perché non c’è più la rivista di satira, in italia, e invece prosperano online iniziative coordinate? Autori aggregati, come Mamma, Scaricabile e altri, e come la vostra, che mirava a selezionare nuovi autori. Con una vitalità di proposte e di intenzioni che su carta non si trova, o fatica a trovare spazio. Come mai? L’analisi è corretta?

Sì, è chiaro: non esiste il giornale di satira. E il giornale di satira è il punto di riferimento per noi autori. Un luogo dove fare le proprie cose e crescere. Questa cosa manca da parecchio tempo. Con Vauro ci stiamo muovendo per rifare un giornale di satira. Io infatti sono stato condizionato fortemente dall’esperienza del Male. L’incontro con Pino Zac mi ha segnato. Pino Zac, per chi non lo conoscesse, era un autore che aveva 15 anni più di me e che alla fine degli anni ’50 fu costretto ad andare in Francia: allora era molto più difficile di oggi fare satira. Lavorò a Le Canard Enchaine per tantissimi anni e poi tornò portandoci questa esperienza qua: il modo in cui tanti autori lavorano assieme. Fondò il Male, assieme a me, a Vauro e a parecchi altri, e poi dal terzo numero se ne andò via e iniziò un’altra storia del Male che adesso qui non è il caso di riprendere (è raccontata in dettaglio nel libro che Vincino ha scritto proprio sul Male un paio d’anni fa e che consigliamo caldamente, ndr). E dopo il Male abbiamo Tango, abbiamo Zut, abbiamo Cuore, abbiamo Boxer… e poi dopo non abbiamo nulla. In realtà sottotraccia ci sono stati tanti tentativi. Da parte mia e di Vauro sicuramente. Non ci siamo arresi: forse ci riusciremo nel settembre di quest’anno, con un’idea molto strana. Vedremo.

Cosa cambia con la rete?

Io sono convinto che prima uno disegnava comunque, faceva le sue cose, ma prima o poi si scocciava a farlo solo per sé.  Ora grazie alla rete ha 30, 50 100 persone che le guardano ed è una specie di pubblicazione, ha un confronto… E questa è una cosa ottima. Poi però, per affinarsi, un conto è tenere un disegno in mano, rigirarselo, un conto è cliccare e vederlo su uno schermo. La guardi e la richiudi. Non te la godi.

La rete è una buona palestra, ma poi…

Poi abbiamo bisogno o della carta. O, anche sulla rete, di tantissimi soldi. Sulla rete c’è bisogno, per fare satira, di fare tanta animazione… per dire, le cose più forti sulla rete sono le pubblicità invasive. Entrano, si aprono… ecco, farei satira tutta così, usando questi meccanismi della pubblicità animata e invasiva. Però per farla così costa, l’animazione, la produzione. Anche di più che sulla carta. Ci vogliono tantissimi soldi. Quando ho fatto la Caverna, poi ho fatto, al termine, quelle quattro pagine nelle quali ho messo 300 vignette… perché volevo dare a tutti, anche se in piccolo, il piacere di essere sulla carta. Il poco che abbiamo potuto fare.

Perché è nata la Caverna?

Credo che sia nata così: un giorno mi hanno detto: sai, ora dobbiamo fare le cose online, allora ho detto: facciamo così, lanciamo un concorso. Dobbiamo dare poco, ma serio. Abbiamo deciso di dare cioè un compenso reale, quello che un giornale serio dovrebbe pagare una vignetta (300 euro), per dare alle persone il piacere di essere pubblicato e pagato come un giornale serio dovrebbe pagare. Spero sia venuto bene.

Pagamento istantaneo: non succede mai!

Eh, infatti, anche sul Male, io volevo pagare gli autori subito. Anche Filippo (Scòzzari, ndrcorretto), arrivava, disegnava, e lo pagavamo subito, tanto che diceva “per me il Male è il mio Bancomat”… E io ero felice, di pagarlo, che mi desse i suoi disegni. Una volta c’era Osqui , un grande disegnatore argentino, che all’epoca stava a Roma. Faceva cose sul calcio, cose storiche… contemporaneo di Quino, ma più bravo, secondo me. Allora ci fece delle cose, lo pagammo subito. Disse “ma non m’è mai successo nella vita”. È uno dei ricordi belli che ho.

Se guardiamo alla vitalità degli autori, quella, online, c’è senz’altro. Mentre i giornali, non solo di satira, sono in crisi. Bisogna pensare all’autore solo come a un dopolavorista che si diverte e basta? Niente di male, ma non toglie libertà? Il fatto di non avere alcun tipo di protezione editoriale, banalmente, non è limitante? Non nega il ruolo della satira?

Mah, io dico una cosa: il giornale di satira è l’unico luogo dove l’autore è libero.

Appunto.

E’ l’unico posto dove un gruppo di autori è libero. Noi al Male non abbiamo mai censurato nulla. Un bel giornale di satira deve avere due cose: un forte gruppo, un bel collettivo di autori, e poi deve essere apertissimo ai contributi da fuori. Uno dei numeri più belli del Male l’abbiamo fatto su una cosa che ci ha portato uno da fuori. Devi respirare quello che succede. Ora, se un giornale di satira funziona, paga anche bene. C’è stato un momento che il Male dava un sacco di soldi ai suoi autori. E ora questo non c’è. Chiaramente, lavorando per altri giornali, dipende dai direttori. E devo dirti una cosa: il direttore che mi ha censurato di meno, anzi, non mi ha censurato mai, è stato Giuliano Ferrara. E anche sulle vignette della Caverna, non c’ha mai messo becco, eravamo io e altre due persone che mi aiutavano a selezionare i materiali.

Ma chiaramente, ogni giornale c’ha le sue cose, le sue linee. Per esempio sulla Stampa è difficile che passi qualcosa contro le auto Fiat. E ogni giornale c’ha le sue cose, tu devi un po’ saperle. In assoluto è solo il giornale di satira che ti garantisce  la libertà di fare le tue cose. E la libertà devi un po’ conquistartela. Per dire, negli anni 90, fine anni 80, mi pare, Forattini sulla Stampa metteva Spadolini con la minchia di fuori, no? Ma io non riesco a mettere una minchia di fuori sul Corriere ma nemmeno a pagina 48! Quella è una forza che si era conquistato lui sulla base di un rapporto di forza, perché a lui il contratto glielo fece direttamente Agnelli, ebbe un contratto stupendo. Io so bene questo rapporto di forza dentro la stampa. Per dire Vauro ha avuto un rapporto di forza ottimo dentro il Manifesto. Tanto che a volte i lettori del Manifesto hanno scritto perché non erano d’accordo, ma lui è riuscito a ritagliarsi questa posizione. Ma è un rapporto di forza che ognuno si deve conquistare.

Quindi è un rapporto che deve crescere con la redazione, con il direttore

Esattamente.

Ovviamente dal proprio blog, dal proprio sito non ci può essere. Il potere è sempre in rapporto a una redazione, di un giornale, un editore, che in Italia, lo sappiamo, raramente è un editore puro…

La grande disgrazia è questa qua, che i giornali italiani sono di banche, finanzieri, di grandi fabbriche… perché se fosse un editore vero, be’, il compito di un editore vero è vendere più copie. E più la vignetta è forte, meglio è. Quando la vignetta è fiacca, non crea attenzione. Sul Male siamo proprio cresciuti su questo. Perché ogni sequestro (il giornale veniva spesso sequestrato per i suoi contenuti, ndr) era 5.000, 10.000 copie in più che vendevamo. Anche questo tentativo di censurare Santoro, dà a Santoro una visibilità… È andato su tutte le prime pagine di tutti i giornali, ha una visibilità che mai nessuno ha avuto.

Lo si è visto poi anche dal successo della serata di Bologna. Qui la censura quindi crea maggior attenzione sul censurato…

Certo, se uno è bravo e la sa sfruttare. Perché Santoro è stato bravissimo. Lo stesso non ha fatto Ballarò. Ballarò non è una trasmissione che fa casini. Santoro ha cavalcato, l’ha governata, è andato di qua, è andato di là. Si può non essere d’accordo con lui su tante cose, ma tecnicamente è stato bravissimo. Così come, tecnicamente, Vauro ha creato un modo nuovo di raccontare le vignette in televisione.

Che prima era tristissimo, diciamolo.

Sì, morivano. Prima di Vauro quando c’erano le vignette in televisione era una tristezza infinita.

Anche autori bravissimi, ma…

Sì ma tutti, ma anche io, tutti, morivamo sempre. Vauro ha trovato un modo invece, bello. Un modo che useremo anche altri, poi. Ne beneficieremo tutti.

C’è differenza fra la libertà di stampa online e offline. E ci dovrebbe essere?

Se dovrebbe esserci non so. Che ci sia differenza, senz’altro. Online, secondo me c’è poca. Cioè, mettiamola così: online su 100 vignette, ce ne sono 95 su Berlusconi. Quindi alla fine fanno un monumento a Berlusconi. In rete c’è poca satira su aspetti secondari. Per esempio, una delle operazioni più intelligenti in rete di satira ultimamente, qual è? E’ “la Ministronza” di Alessio Spataro. Lui prende un personaggio che non è molto conosciuto. Con intelligenza lo seziona, lo studia. Prima sulla rete e poi sulla carta. Ecco, questa è un’operazione corretta, bella, precisa, che aggiunge, racconta. Mentre le tante vignette su Berlusconi diventano esercizio di stile. Non mi aggiungono molto su un personaggio che ormai conosciamo da tutti i lati.

Ecco, il fatto che lui sia così bravo ad attirare i riflettori, dovrebbe spingere la satira lontano da lui? E, in generale, la satira dovrebbe – inevitabilmente – riprendere l’agenda dei media, rischiando in realtà di amplificare il punto di vista di altri, o proporne una alternativa, cambiare l’ordine degli argomenti?

Ogni bravo autore di satira dovrebbe averne una sua, di agenda. Tutti i grandi autori, da Scalarini, a Grosz… le cose che raccontava Scalarini, il modo con cui raccontava i grandi padroni della guerra, i grandi pescecani. Era un racconto bellissimo. Cioè, non raccontava solo di quanto era cattivo il re. No, lui raccontava quello che c’era dietro. A me piace questo, ecco. O come Grosz raccontava un certo ceto sociale in un periodo difficile della Germania. Ora, c’è un’Italia che non è raccontata completamente. Cioè, i Frisullo, dovrei raccontarli prima io, che il giornalista. I Frisullo che sono nel PD, ma nel PDL peggio ancora, che sono in tutti i partiti. Forse esclusi i radicali. In ogni cosa c’è un occhio della satira che racconta cose che altri non distinguono. Non deve andare dietro alle cose. Io e Vauro, perché siamo così dannati per il giornale di satira? Perché la voglia di costruire un posto dove anche altri possano lavorare, esprimersi, è legato ad uno dei momenti più belli della nostra vita. E tentare di ricostruirlo è un nostro dovere, in un certo senso.

Al di là della satira, dagli anni ’70 fino a tutti gli ’80, c’era anche una proposta di fumetti, in generale, che oggi non pubblicherebbe nessuno. Penso anche a certe cose di Magnus, o di Pazienza, solo per fare i primi nomi che mi vengono in mente. Perché?

In Francia è diverso, ma in Italia è così. Anche perché oggi abbiamo un sacco di autori, bravi. Eppure non so spiegarmela, questa cosa qui. Io sono un grande lettore di fumetti. Tutte le cose americane.

Perfino lì, c’è maggior sperimentazione.

Anche con case editrici più piccole, eh. Alcune fanno il botto, altre no, ma ci sono dei tentativi. In Francia io ne conosco tre, di settimanali di satira di grande diffusione, Le Canard Enchainé, Charlie Hebdo, e Siné Hebdo. La storia di Siné Hebdo è interessante. Siné è un vecchio autore, che ha fatto una cosa su Charlie che non è piaciuta (è stata accusata di antisemitismo, ndr), è uscito, si è messo su un suo giornale e vende 30.000 copie. Noi magari vendessimo 30.000 copie. In Italia, a fine dell’800, inizio ‘900, c’erano 30/40 giornali di satira. Sì, ce n’erano non so, tre a Bologna, 4 a Roma, a Palermo, a Torino. Anche perché erano giornali politici, molti di questi. Oggi invece…

Ecco: qual è il rapporto fra satira e politica. Intanto, nei giornali generalisti, nei quotidiani, c’è un certo orientamento politico e la satira dunque è orientata, chiesta in una certa direzione. O si evitano comunque altre direzioni. Ma la satira dovrebbe essere uno strumento di lotta politica o uno strumento artistico?

Assolutamente uno strumento artistico. Io credo che ogni autore di satira abbia le sue idee politiche. Ma più mette le sue idee al vaglio della satira, più fa un’operazione giusta. Più evita errori ai suoi. L’autore di satira che lavora solo come un combattente contro il nemico, fa un disastro, secondo me. È un peccato. Deve riuscire ad avere un suo controllo. Ci sono molti errori in cui può cadere un autore di satira. Uno è questo qua: quello di non mettere al vaglio della satira le sue, idee. Di non fare satira sulle sue idee, di fare solo satira contro il nemico. Un altro, è quella di diventare moralista. E ce ne sono molti altri…

Quando sapremo se il progetto con Vauro partirà?

Verso luglio. Vedremo e speriamo.

La Caverna avrà un’appendice o è sospesa?

Ne riparlo con l’editore. Forse ora che son passate le elezioni…


Viewing all articles
Browse latest Browse all 3

Latest Images

Trending Articles